BRESCIA – La vicenda vede protagonista una società bresciana che, al fine di venire incontro alle esigenze di dipendenti e collaboratori, suole concedere il diritto di abitazione in immobili locati dalla stessa in loro favore.
Nel caso di specie, in forza del contratto di lavoro stipulato con la suddetta società, era stato affidato un appartamento sito in provincia di Brescia ad un cittadino di origine egiziana, il quale però, a seguito di una decisione volontaria di interruzione del rapporto lavorativo, si arrogava il diritto di continuare ad abitare l’immobile.
La società, una volta ricevute le dimissioni del dipendente, chiedeva la restituzione delle chiavi dell’immobile, essendo venuto meno in capo a quest’ultimo il presupposto della detenzione temporanea per ragioni di servizio.
Tuttavia, l’intimato non solo non restituiva le chiavi rifiutandosi di rilasciare l’appartamento e continuando a rimanere all’interno dello stesso pur in assenza di qualsivoglia valido titolo, ma spostava nello stesso la propria residenza.
Da tale condotta si evince chiaramente l’”animus spoliandi”: la chiara volontà di abitare l’immobile determina l’impossibilità per la società di concederne l’utilizzo ad altri dipendenti, la necessità di cercare altre soluzioni abitative con conseguente esborso di nuovi canoni di locazione, la difficoltà a far fronte ai canoni arretrati giustamente richiesti dal locatore e il rischio di dover sostenere spese di pulizia o manutenzione straordinaria non potendo verificare la decorosa conservazione e manutenzione dell’immobile.
La società si è dunque rivolta all’Avvocato Matteo Marini che ha provveduto con il deposito di un ricorso per la reintegrazione del possesso ai sensi dell’art. 703 cpc, conclusasi con una sentenza di totale accoglimento nella quale il giudice “…ordina di rilasciare l’immobile e condanna a rifondere le spese di lite e dispone che in caso di mancato spontaneo adempimento si proceda secondo le modalità dell’esecuzione per consegna ex art. 605 cpc.” .
Sottolineiamo la difficoltà con cui si è dovuto provvedere alle notifiche delle lettere di diffida, della comunicazione dell’udienza e dell’intimazione di sfratto in capo al soggetto convenuto, il quale si è sempre negato al punto che le comunicazioni sono state depositate dall’ufficiale giudiziario presso la casa comunale, con conseguenti ritardi nella procedura, conclusasi comunque con un successo per lo studio legale.
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